La cultura cinese è una cultura religiosa
Un visita al Museo Nazionale di Taipei fa sorridere sui tentativi di ateismo forzato nei confronti dei cinesi.
Taipei (BC) - La cultura cinese è una cultura religiosa fin dall’origine. È l’evidenza più grande che appare dall’arte cinese esposta al Museo nazionale di Taipei. Posto sulle alture nord della città, il museo raccoglie oltre 600mila pezzi d’arte: bronzi, giade, calligrafie, dipinte, statue, ecc., che percorrono millenni di storia della Cina. Trasportati da Chiang Kai-shek al momento della sua fuga, per i cinesi della Cina popolare essi sono stati “trafugati”; per molti cultori di arte e per molti taiwanesi, essi sono stati “salvati” dall’iconoclastia delle Guardie Rosse durante la Rivoluzione culturale, quando queste bruciavano e distruggevano ogni elemento del passato, soprattutto se religioso.
Il punto è che – come forse in tutte le culture – è proprio la religione, il sacro che spinge all’arte. Ho potuto visitare il Museo alcuni giorni fa con alcuni amici, accompagnato da una guida eccezionale, il prof. Jack Wu. Ci siamo soffermati su alcuni primi reperti dell’età del bronzo (circa 3500 anni fa) e guarda caso, fra le cose bellissime che sono in vetrina vi è un vaso (ding) che serviva per cuocere il cibo per l’offerta al dio, che poi veniva distribuito – come per una comunione – anche ai presenti. Il fatto impressionante è che vasi, bicchieri preziosi, piatti lavorati erano non per l’uso quotidiano, ma per il servizio liturgico! Anche perché forse nessuno poteva avere tutto il denaro necessario per fondere un vaso di bronzo, lavorarlo, ornarlo, …
La liturgia serviva a motivare e potenziare il lavoro in miniera per ricavare i minerali, la tecnologia per imparare come mescolare i metalli per fare le leghe, la scultura per fondere il bronzo nei modelli….
Poi ci sono le giade, simbolo di immortalità, che vengono scolpite, cesellate, modellate per la preghiera e per accompagnare i defunti nella loro eternità. Pezzi di giada venivano usate nel periodo Han (206 a.C. - 220 d.C.) per coprire i volti dei defunti, gli occhi, il naso, la bocca, le orecchie, per non far “fuggire” l’anima all’interno del corpo.
Se c’è l’anima e l’immortalità, allora significa che la vita non è solo commercio, cose che si toccano e si vedono, ma anche spirito.
E mi accompagna un pensiero: i tentativi – anche attuali – di rendere atea, materialista la cultura dei cinesi non sono forse una violenza verso la cultura cinese?
Quando si pretende la “sinicizzazione” delle religioni, ossia la sottomissione a un uomo, al Partito, si lavora in realtà per distruggere la religione e la sua essenza, anche se si proclama di voler salvare la cultura tradizionale.
Mi viene in mente quanto mi ha detto una volta il prof. Richard Madsen, sociologo delle religioni dell’università di S. Diego (California). Secondo lui il popolo cinese è fra i più religiosi: almeno l’80% crede in qualche forma di spiritualità. E questo nonostante tutte le campagne di ateismo e la persecuzione delle religioni.