A Taipei, fra quarantena e aerei da guerra
Carissimi,
da due giorni sono nell’hotel Forward di Taipei, dove ho iniziato un altro periodo di quarantena, che durerà fino al 18 ottobre. Poi, dopo due settimane di acclimatamento, comincerò la mia scuola di cinese, per cercare di risvegliare la lingua mandarina che avevo imparato 23 anni fa.
La stanza dove sono è la metà di quella che avevo nella quarantena ad Hong Kong, ma gli impiegati sono più cordiali e pronti a venirti incontro nei tuoi bisogni: wi-fi, frutta, caffè…
Ieri, stando alla finestra – che qui posso anche aprire! – ho sentito una piccola scossa di terremoto. Taiwan ne è soggetta di quando in quando. Ma la scossa di cui parlano i giornali sono i 56 aerei da combattimento della Cina popolare che hanno attraversato la zona aerea di difesa di Taiwan nel weekend e lunedì 4 ottobre.
Nell’esercito cinese si sogna di riportare Taiwan alla madrepatria entro i 100 anni della Repubblica popolare (2049) o magari anche prima! Come si sa nel 1949 a Taiwan si era rifugiato Chiang Kai-shek, allora presidente della Repubblica di Cina, dopo essere stato sconfitto da Mao Zedong. Nel continente è sorta la Repubblica popolare cinese; nell’isola è continuata la Repubblica di Cina. Ma Pechino ha considerato sempre Taiwan una “isola ribelle”, che va riportata alla sottomissione anche con la forza. A Taiwan, intanto è cresciuta una società di fatto autonoma, e dagli anni ’80 anche democratica, con un presidente, un governo, elezioni ogni 4 anni …
Questi gesti di minaccia durano da anni; nel 1996 Pechino ha addirittura minacciato di inviare missili sull’isola (ne ha centinaia puntati contro Taiwan) … Poi però si ritorna alla saggezza. Un attacco contro Taiwan sarebbe un disastro economico per Pechino – dato che i taiwanesi sono grossi investitori in Cina – e militare perché potrebbe scatenare una guerra perlomeno regionale a cui parteciperebbero Usa, Giappone, Australia, e magari India e Vietnam…
Certo, l’esibizione di muscoli da parte dell’esercito di Pechino è aumentata, come pure l’aggressività verbale di tutta la politica cinese nel mondo, con i cosiddetti ambasciatori - “lupi guerrieri”, che prima sconsigliano, poi minacciano, poi accusano, poi comminano punizioni...
C’è poi un altro aspetto da tenere in conto: in passato, tutte le volte che Pechino ha mostrato la forza a Taiwan, i taiwanesi hanno scelto partiti più autonomisti, e cioè proprio il contrario di quello che la Cina sperava per riunificare l’isola a sé.
Intanto, fra una quarantena e l’altra, ho vissuto due splendide settimane a Hong Kong coi miei confratelli, incontrando sacerdoti, vescovi, cardinali, parlando con loro su come affrontare la missione nel territorio, dove – come dicono in molti – “tutto è cambiato”, dopo la legge sulla sicurezza nazionale, che in un anno o poco più, ha messo in prigione centinaia di personalità della società civile, oltre a migliaia di persone comuni.